Di chi è la ragione? Oltre le apparenze

Le interazioni e il dialogo hanno un potere enorme.
Quando un bimbo ci sorride ci migliora l’umore di quel momento.
Quando riceviamo un “Buongiorno”, specialmente dalla persona amata, ci fa cominciare bene la giornata.
Un abbraccio dopo una brutta emozione ci rassicura.
Una conversazione può essere piacevole e liberatoria.
Tutto questo, ma anche il suo opposto.
Se una persona è agitata agiterà anche noi.
Se una persona ci insulta, ci provoca stati emotivi negativi.
Verbale e non verbale sono entrambi linguaggio e li usiamo costantemente, ma non hanno la stessa valenza.
Le parole non corrispondono sempre ai reali pensieri o alle emozioni, le parole non riescono ad esprimere con la stessa efficacia un sentire.
Siamo convinti di essere soli, incompresi, nessuno ci conosce meglio di come ci conosciamo noi e, spesso, neanche noi ci conosciamo poi così bene. Possiamo arrivare ad arrabbiarci se qualcuno ha la convinzione di conoscerci e questa immagine che dipinge di noi non corrisponde alla nostra percezione di noi stessi.
Lo reputiamo presuntuoso e arrogante.

Empatico sarà lei Per un primo approccio alla mediazione dei conflitti e ... Fabio Bonafede Marcello Soprani Google Libri
(Tratto da “Empatico sarà lei. Per un primo approccio alla mediazione dei conflitti e l’educazione alle relazioni”, Fabio Bonafede e Marcello Soprani)

Dove sta la verità?
Chi ha ragione?
Siamo noi i maggiori esperti di chi siamo o lo sono gli altri che ci osservano da un’altra prospettiva?
Non esiste risposta vera in assoluto.
Siamo una via di mezzo tra ciò che percepiamo di noi (il ricordo di noi del passato, la percezione di noi del presente, l’immaginazione di noi nel futuro) e ciò che gli altri vedono (di noi del passato, di noi nel presente), siamo in continuo mutamento minuto per minuto, ogni cosa, anche la più banale, ci influenza e ci condiziona e inevitabilmente ci cambia.
Ogni momento accadono cose nuove e ogni nuova informazione viene integrata nella immensa scatola dei nostri saperi e dei nostri pensieri.
Uno sguardo può crearmi nuove sensazioni.
Una conversazione può rafforzare o demolire le mie credenze.
Nulla resta, tutto scorre.
Per quanto cerchiamo di non farci condizionare, ogni cosa ne influenza inevitabilmente un’altra.
Ma, ahimé, non ci è possibile tenere conto costantemente di tutti questi fattori concatenati e per semplicità e risparmio di risorse cognitive, dirigiamo la nostra attenzione solo verso alcuni stimoli e ne traiamo le nostre informazioni inserendoli in schemi e mappe mentali. Ancora più difficile è la modifica di questi schemi mentali. Cambiare uno schema mentale del comportamento di una persona è molto costoso in termini di risorse cognitive perché significherebbe modificare o ricostruire da capo l’idea che ci siamo fatti di quella persona.
Significa non avere più certezze e prevedibilità del comportamento di quella persona e questo spaventa e non lo accettiamo. E ci irrigidiamo, cerchiamo giustificazioni per spiegare quel comportamento e mantenere quella persona all’interno del nostro schemino che ci costa tanto modificare.

“In psicologia un pregiudizio è un’opinione preconcetta concepita non per conoscenza precisa e diretta del fatto o della persona, ma sulla base di voci e opinioni comuni. Il significato di pregiudizio è cambiato nel tempo: si è passati dal significato di giudizio precedente a quello di giudizio prematuro e infine di giudizio immotivato, di idea positiva o negativa degli altri senza una ragione sufficiente (il pregiudizio è in tal senso generalmente negativo). Bisogna anchedistinguere il concetto errato dal pregiudizio: un pensiero infatti diventa pregiudizio solo quando resta irreversibile anche alla luce di nuove conoscenze”.
“Spesso il nutrire pregiudizi relativamente a determinate categorie di persone porta, come evidenziato parlando degli atteggiamenti, a modificare il nostro comportamento sulla base delle nostre credenze, con la conseguenza di creare condizioni tali per cui ipotesi formulate sulla base di pregiudizi si verificano (profezie che si autoavverano). Naturalmente questi comportamenti porteranno poi al rafforzamento degli stereotipi stessi. Ad esempio, se per un qualche motivo Amilcare si è convinto che i toscani sono persone estremamente litigiose, incontrando il cugino livornese di Matilde assumerà probabilmente un atteggiamento più provocatorio, intendendo difendersi dagli “inevitabili” attacchi che si aspetta. Ma questo suo atteggiamento sarà visto come ostile e ingiustificato dal cugino toscano che a sua volta si metterà sulla difensiva nei confronti di Amilcare, che lo percepirà come litigioso, rafforzando di conseguenza il suo pregiudizio”..
(fonte: http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/psicologia-pedagogia/Psicologia/La-psicologia-sociale/Stereotipi-e-pregiudizi.html)

Questo è valido sia per gruppi di persone, etnie, categorie, minoranze, ma anche per i singoli individui, i familiari, il partner, l’amico/a, etc.
Il pregiudizio ci aiuta ad inserire quella persona o quel gruppo di persone in una categoria, affibbiarle/gli un’etichetta ci rassicura perché rende prevedibile il comportamento di quella persona o quel gruppo di persone particolare.
Ma è anche uno svantaggio, ci ottenebra la vista, ci sfuggono tutta una serie di informazioni che andrebbero integrate affinché si possa mantenere un certo grado effettivo di prevedibilità, così le persone di punto in bianco ci sembrano impazzire, cambiare totalmente, non le riconosciamo più e le etichettiamo.

“Se, ad esempio, a fronte di un ritardo di una persona con cui abbiamo un appuntamento pensiamo “ha avuto un imprevisto, certo arriverà al più presto”,
rimarremo tranquilli magari approfittando del tempo a disposizione per leggere un giornale o fare una chiacchierata al telefono; al suo arrivo la saluteremo cordialmente e ci dedicheremo all’incontro. Se invece pensiamo “E’ il solito menefreghista. Chi crede di essere? Perché dovrei rimanere qui ad aspettare mentre lui non si preoccupa affatto di me?” probabilmente sentiremo montare una rabbia crescente e di conseguenza potremmo decidere di andare via o di accogliere in malo modo la persona quando si presenterà.  Alla luce di questo semplice esempio appare dunque chiaro come un “semplice” pensiero possa influire sullo stato d’animo e sul comportamento.
Tuttavia, a lungo andare il ripresentarsi in maniera costante di pensieri negativi, “disfunzionali”, può avere conseguenze decisamente negative rispetto sia al mantenimento di relazioni interpersonali significative che al raggiungimento di obiettivi importanti della nostra vita”.
(fonte: http://www.psicotime.it/distorsioni-cognitive-piscoterapia-cognitivo-comportamentale-roma/)

“Se vogliamo andare oltre gli stereotipi e i pregiudizi abbiamo una sola possibilità: conoscere e incontrare l’altro. Dobbiamo incontrarlo, ascoltarlo, capirlo e accettarlo. Non sempre saremo d’accordo con lui, non sempre riusciremo a comprendere fino in fondo il suo modo di pensare, ma se ci proveremo ci sentiremo più ricchi, più liberi e più felici”.
(fonte: http://seieditrice.com/vivere-insieme/files/2013/02/13_stereotipi_pregiudizi.pdf)

Il consiglio, quindi, è di mantenere il più possibile una mentalità aperta, considerare le diverse opzioni e le possibili alternative. Partire prevenuti non produce nessun vantaggio né a voi, né all’altro. Lasciare il beneficio del dubbio è importante perché può accadere di fare pensieri sbagliati. Ascoltare con reale intento di comprensione è un’altro modo per avvicinarsi. Inoltre tutto questo può portare in noi un lieve cambiamento in meglio, conoscere porta sempre ricchezza!

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